Galerie Gefängnis Le Carceri - Ausstellungen 2017
TESTO INTRODUTTIVO ALLA MOSTRA
rifugio
Pittura, installazione di Felix Malnig e Felix Tschurtschenthaler
Nella seconda mostra del 2018 l’artista di Sesto Pusteria, Felix Tschurtschenthaler, incontra l’artista viennese Felix Malnig. Le vecchie celle del carcere si trasformano così nel luogo d’azione del loro lavoro artistico.
Felix Tschurtschenthaler: Da sempre l’uomo ha costruito tende per ripararsi dal vento e dalle intemperie. La tenda è così una delle forme di rifugio più antiche, e allo stesso tempo dimora temporanea limitata nel tempo. Oggigiorno in tutto il mondo profughi scappati da guerre e siccità vengono ospitati in enormi tendopoli. Tende non sono alloggi permanenti, bensì alloggi d’emergenza privi di servizi igienici e senza vita privata.
Nell’istallazione le tende conquistano lo spazio – uno spazio che è diventato un lusso. Ma allo stesso tempo tolgono anche lo spazio che ad altri servirebbe per vivere. Mentre noi viviamo nella lussuosa possibilità di progettare lo spazio pubblico e privato in modo individuale e secondo criteri estetici, altri devono prima conquistare uno spazio sociale e geografico nella nostra società del benessere. Muri, pareti e recinti – sia a livello fisico che mentale – delimitano lo spazio, escludendo altre persone e tutto ciò che è diverso.
E in un certo punto della relazione tra uomo e spazio nasce ciò che chiamiamo casa.
Felix Malnig: Zone di transizione, Segnavia della fuga
Dal 2010, Felix Malnig ha fotografato i vecchi posti di confine della “Cortina di ferro” lungo il confine con l’Austria, divenuti superflui che con l’abbattimento del Muro di Berlino e con l’Unione Europea. Molti di essi sono ormai stati abbattuti e rimossi. I motivi trovano posto in dipinti realizzati in colore acrilico o vernice spray, molto ridotti e talvolta monocromi, che tuttavia si esprimono con colori molto intensi. E nel frattempo con la situazione dei profughi queste opere hanno ottenuto un senso simbolico ancora più forte.
Le opere di Malnig mostrano spesso delle zone di passaggio senza identità, che da Michel de Certeau e Marc Augé sono state definite come non-luoghi: zone di confine ovvero spazi di passaggio e di transizione che non invitano a restare. Luoghi in cui non vi è comunicazione, luoghi senza anima e senza volto.
Luoghi di cambiamento che cambiano, luoghi in uno stato di mutamento e talvolta anche di decadimento. In questi dipinti raramente si vedono persone. Pare che esse abbiano lasciato questi posti, forse anche in modo frettoloso, pur avendo lasciato in essi le loro tracce ancora visibili. Finestre aperte su spazi vuoti, strade tranquille un tempo piene di vita, macchine lasciate in strada e coperte di neve, case disabitate. L’assenza di persone conferisce a queste opere un silenzio carico di mistero, su di esse domina “un’ombra di malinconia“. (Georg Vasold)
Le opere di Malnig che ci mostrano un panorama di montagna interrotto da autostrade e scene estive vicino a laghi e piscine completano ovvero contrastano l‘installazione.